VIAGGIO IN SUD AFRICA E CASCATE VITTORIA

VIAGGIO IN SUD AFRICA E CASCATE VITTORIA

Ore 07.30 sabato 28/03/2015 pronti al check-in a Milano MXP.

Ad attenderci un potente aereo Emirates che ci porterà a Johannesburg, porta d’entrata in sud Africa, con una sosta a Dubai.
Sei ore di volo e siamo a Dubai, ormai immersa dalle luci della notte (sono le 19.30).
Cerchiamo di trovare il modo per uscire dall’aeroporto per visitare la città, sia pure in modo “mordi e fuggi” ma dopo alcuni colloqui, ci rendiamo conto che è assolutamente impossibile, per cui ci dedichiamo agli shops dell’aeroporto (non convenienti) ed ad un buon filetto che ci allieta l’attesa.
Poi volo per il sud Africa, grande dormita, ed all’alba siamo a Johannesburg, pronti ad imbarcarci per Victoria Falls, Zimbwawe.

 

CASCATE VITTORIA (VICTORIA FALLS)
Un’ora e mezzo di volo da Johannesburg, un interminabile disbrigo di pratiche doganali, il tutto per prenderti 25 euro per entrare nel Paese ma finalmente ci siamo: Victoria Falls, uno di quei luoghi che solo a pronunciarlo ti emozioni perché ti fa pensare a lontani periodi storici, ad esplorazioni, al fascino della scoperta, al trionfo della natura.
Le Victoria Falls sono un concentrato di tutte queste cose, sono uno spettacolo unico che si trova nel continente ancora più selvaggio.
Ci pensi che in 24 ore ti sei spostato ( e ti dimentichi che ci è voluto cosi tanto tempo) in uno dei luoghi più remoti dell’Africa: che sensazione!!!

L’alloggio, Ilala Lodge, è molto carino, una struttura con camere sicuramente all’altezza, immerso nel verde, con mobilio molto curato in legno tipicamente africano, pale al soffitto, persone gentilissime e ben disposte a riceverti e mostrarti la struttura.
C’è anche una piccola e graziosa piscina che purtroppo non riusciremo a sfruttare a causa dell’esiguità di tempo che abbiamo a disposizione.
Una bella doccia dopo tanto aereo è quello che ci vuole per rigenerarsi e via si parte: destinazione fiume Zambesi dove è in programma una crociera che dura fino al tramonto.
Veniamo imbarcati su un’imbarcazione dove siamo rifocillati con gustosi snack e bevande (gin tonic speciale) socializziamo molto, caratteristica di questo viaggio, in particolare con una simpatica coppia sud africana di Johannesburg, amanti dell’Italia e della Ferrari (noi no! Almeno per la Ferrari).
Lo Zambesi è il quarto fiume più lungo dell’africa, dopo Nilo, Congo e Niger, nasce in Zambia e va a sfociare nell’oceano Indiano.
L’atmosfera che si prova durante la navigazione è particolarissima.

Ci vengono mostrate le isolette presenti nel fiume, ci avviciniamo alle rive dove troviamo un gruppo di ippopotami intento a rilassarsi che non sembra curarsi alla presenza di tutte queste imbarcazioni sul fiume, probabilmente ci sono abituati, vediamo in lontananza in un paio di punti degli elefanti ed anche su una riva un coccodrillo.
Lo spettacolo è affascinante e unico, man mano che la luce del sole diminuisce e ci si avvicina al tramonto la sensazione di quiete e tranquillità che trasmette questa navigazione aumenta.


L’atmosfera è particolare, si pensa a come poteva essere 150 anni fa quando il primo esploratore europeo, il mitico David Livingstone solcò questo fiume.
Ci chiediamo inoltre come un fiume cosi tranquillo possa dare luogo , dopo pochi metri a delle cascate cosi fragorose tali da vedersi a distanza di km in lontananza.
Infatti già in fase di atterraggio con l’aereo abbiamo visto da lontano la nuvola del “fumo che tuona” ergersi.
Rientriamo alla base, decisamente soddisfatti da questa piccola crociera sullo Zambesi e decidiamo di cenare nel lodge, dove si trova un ottimo ristorante.
Buona cena, decidiamo per questa sera di non lasciarci andare a sperimentazione gastronomiche, e buon vino sudafricano (Shiraz) allietano la nostra cena rigorosamente all’aperto allietata del rumore di sottofondo delle cascate.
Poi presto in branda perché domani mattina ci aspettano le mitiche Victoria Falls.
Alle 7.30 di buon’ora già “colazionati”, la guida che ci accompagnerà alle cascate, ci viene a recuperare in hotel.

Victoria Falls arriviamo!!!

Oltre alla guida abbiamo un simpatico compagno di viaggio: si tratta di un signore inglese, di madre israeliana che ce lo fa rendere subito ancor più simpatico.
Victoria Falls si trova all’interno di un parco nazionale, all’ingresso la guida ci fornisce una serie di informazioni di routine, dal confronto con altre due più famose al mondo, Niagara e Iguazù al nome di colui che le ha scoperte (David Livingstone) al nome in africano ‘mosi-oa-tunya’ che significa “fumo che tuona”. La sensazione che deve aver provato Livingstone in quel lontano 15 novembre 1855 deve essere stata unica, navigando con la sua canoa sulle tranquille acque dello Zambesi e vedendo in lontananza queste colonne di fumo elevarsi con un rumore sempre più forte ad identificare la presenza di qualcosa di strano e diverso rispetto al regolare corso del fiume.
Ecco, ora noi, di qualsiasi luogo geografico sappiamo già tutto prima ancora di arrivarci, addirittura gli strumenti più evoluti, ci consentono quasi una percezione reale, pensiamo a come poteva essere 150 anni fa ed alla sorpresa e allo stupore di una persona istruita, medico e missionario, studioso di geografia nel trovarsi di fronte a questo spettacolo che solo la natura è in grado di offrirci.
Una ferita nella terra questa è l’impressione che si può provare vedendo le Victoria Falls dall’alto.
E’ la forza con la quale le acque trascinano dai 110 metri di altezza che fa sollevare questa nuvola con acqua che spruzza e vaporizza ovunque i turisti intenti a scorgere gli angoli migliori per poter catturare immagini affascinanti.
Si incomincia la visita recandoci alla parte sinistra dove giganteggia la statua di Livingstone con canoa, a testimoniare come se ce ne fosse bisogno la sua presenza qui, dove ogni luogo e ogni pensiero sembra avvertire la sua presenza.


Dopo le foto di rito ai piedi della statua di Livingstone incominciamo a scorgere ed a immortalare le Victoria Falls.
Ci rendiamo subito conto di essere stati fortunati per la scelta del periodo nel quale visitarle: infatti le cascate sono piene d’acqua e lo spettacolo è pertanto ancora più maestoso e imponente rispetto ai periodi con scarsa presenza di acqua.
Vediamo “devil’s cataract ” Poi “main fall” In un crescendo perché più ci si sposta soffermandovi nei vari punti di osservazione e più lo spettacolo diventa assolutamente impressionante.
Ritengo, come già sperimentato a Iguazù e in misura minore in Islanda, che le cascate rappresentino forse la maggiore espressione di dimostrazione di “forza della natura”.
poi vediamo di fronte a noi, Livingstone Island, fino ad arrivare a “ danger point” il punto più estremo in tutti i sensi come già dice il nome stesso.
Si tratta di una sorta di terrazza formata da massi scivolosi proiettati nel vuoto dove l’altezza delle cascate è maggiore.
Lo spettacolo è unico, dire che ci si bagna è limitativo, ci si inzuppa come pulcini, sommersi e investiti da folate di acqua che provengono da ogni parte.
Siamo inzuppati, ma d’altronde visitare le Victoria Falls senza bagnarsi è impossibile anzi sembra che quest’ acqua ti purifica l’anima e il corpo, perché vieni immerso nella nuvola d’acqua, camminando attraverso gli arcobaleni…….
Ti accorgi che ti stai lavando completamente ma è un qualcosa più forte di te di cui non puoi farne a meno da quanto ti appaga fino a in fondo.
E’ il trionfo di tutti i sensi, dalla vista all’udito fino all’olfatto stesso.
Dalla vista dello spettacolo delle cascate e degli arcobaleni al fragore delle acqua che esplodono e a quell’acqua che ti ritrovi addosso da ogni dove a quel profumo di Africa e libertà che solo l’incontro con questa natura selvaggia e prorompente ti possono far assaporare.
Concludiamo la nostra visita a Victoria Falls ammirando il ponte che separa Zimbabwe da Zambia dove passa la ferrovia Rovos Rail che parte da Citta del Capo e che ancora oggi, ad uso e consumo dei turisti, arriva nelle stazioni sbuffando come più di un secolo fa.
un’altra occhiata ai temerari che si buttano dal ponte facendo bungee jumping, e poi sul sentiero di ritorno l’incontro con due simpatici facoceri che ci guardano con indifferenza.
Victoria Falls addio o magari arrivederci !!
Di corsa (per niente) in aeroporto dove (non) ci aspetta il volo per Johannesburg che porta ritardo.


SUDAFRICA

Arriviamo a Johannesburg dopo un volo di un’ora e venti minuti.
Questa volta usciamo dall’aeroporto, macchina pronta ad attenderci e ci dirigiamo verso la città.
Dire centro città sarebbe eufemistico perché Johannesburg o meglio “Jo’ burg” come lo chiamano i suoi abitanti è una “non città” stile Los Angeles composta da una serie di quartieri tra loro slegati, non esiste un vero e proprio centro città, ci sono le vecchie town ship, che ricordano i tristi tempi dell’Apartheid, vedi Soweto e Alexandra che si stanno riqualificando.
Noi ci troviamo in un ottimo hotel Melrose Arch, nel quartiere Melrose, una sorta di isola felice per i turisti, costruita da non più di 10 anni.
L’hotel è stupendo, assolutamente confortevole.
Per sera, visto che qualcuno ha scoperto che anche a Joburg c’è Hard Rock Cafe, ci dirigiamo nel quartiere più bello, nuovo ed elegante della città, dove si trova Nelson Mandela Square, una piazza dove troneggia un’enorme statua del compianto leader sudafricano.
Lì ci sono ristoranti di ogni tipo ed incomincia un grandissimo centro commerciale dove ci preoccupiamo di acquistare un chilo di riso, non per cucinare ma risolvere i problemi di funzionamento della macchina fotografica messa a dure prova dalle acque di Victoria Falls.
L’esperimento notturno di macchina fotografica immersa nel riso funziona e il panico scompare dalle nostre espressioni.
Una bella dormita, un ottima ed abbondante colazione e via ci vengono a prendere per andare in aeroporto e trovarci con il resto del gruppo con il quale affrontiamo il tour in Mpumalanga, safari e Capetown.
Raccolti tutti, arrivati con voli diversi, si parte agli ordini di una simpatica guida italiana, che vive da quasi quarant’anni in Sudafrica, dopo aver vissuto anche in Argentina.
Prima tappa Pretoria, anzi siccome è tardi, direttamente al ristorante dove pranziamo, poi visita sommaria di Pretoria senza scendere dal van, osservando i principali monumenti di questa città costruita dai boeri poco più di un secolo fa e capitale dello stato sudafricano, pur essendo più piccola di Jo’ burg ed a poca distanza da Jo’ burg stessa (50 km).
La vista e l’impressione che abbiamo è quella di una città ordinata e pulita con ampi viali costellati da piante di Jacaranda (700.000 alberi) che deve essere spettacolare vedere quando sono fioriti (ottobre).
Lasciamo Pretoria e ci inseriamo nella N4 che va verso l’est del paese fino a raggiungere il Mozambico.
L’autostrada si snoda attraverso continui su e giù seguendo l’andamento del terreno.
Vediamo il paesaggio circostante con il quale incominciamo a prendere confidenza, ampi pascoli da una parte, e dall’altra coltivazioni agricole poi ogni tanto centrali elettriche, un’ acciaieria con carbone che vediamo ancora bruciare in lontananza.
Poi primo break in autogrill, dove come attrazione hanno qualche animale che vedremo meglio nei giorni successivi.
Arrivati a Belfast (i nomi ricordano spesso l’Europa) lasciamo la N4 ed imbocchiamo una strada dove il percorso comincia a mutare finché arriviamo a Dullsroom, dove alloggiamo in una stupenda struttura che si potrebbe definire “un angolo di Scozia in Sudafrica”.
Essere accolti da personale di servizio nero in perfetto kilt scozzese non è propriamente quello che ci si poteva aspettare.
La struttura con cottage indipendenti tra loro non è ottima ma è di più.
Le camere sono arredate in perfetto stile “scottish” con il caminetto che ci viene prontamente acceso: veramente uno spettacolo!! Come del resto è anche la cena dove assaggiamo tra le arie portate per la prima volta carpaccio di antilope, veramente gustoso.
Ottima cena con ambiente e personale in tema e poi a nanna, perché alla mattina si deve ripartire abbastanza presto .
La mattina è uno spettacolo, perché ci rendiamo conto del fantastico luogo dove ci troviamo.
Infatti svegliati da un sole che penetra nella camera, ci proiettiamo subito fuori per la consueta indigestione di foto.
Scopriamo che questo luogo è frequentato da turisti particolarmente attratti dalla pesca alla trota nel laghetto adiacente, forniscono anche canne da pesca per praticare!!
Ma noi non abbiamo tempo, siamo diretti verso Kapama per iniziare i nostri safari.
La strada è lunga ma non ci si può certo annoiare visto la varietà del paesaggio che incontriamo nel nostro cammino.
Ci fermiamo per vedere la grotta dell’Uomo, dedicata ai disegni rupestri ritrovati risalenti all’homo sapiens e poi via, proseguiamo con una strada estremamente panoramica che ci propone paesaggi sempre diversi, ivi compreso anche un passo di montagna vero e proprio (siamo oltre i 2.000 metri di altitudine), rocce bellissime e colorate che unitamente ai colori del cielo e alle cascate che troviamo qua e la ti danno una splendida percezione.
Ai lati della strada giusto per ricordarci che siamo in Africa, bancarelle con persone che vendono svariate cose, da piccoli oggetti di antiquariato locale a frutta e verdura della zona.
Una volta oltrepassato il passo ci si presenta uno scenario favoloso costituito da tutta la valle sottostante, solcato dal fiume Blyde, che ci accompagnerà ancora per diversi chilometri.
Nella lunga strada che ci porta ad Hoedspruit siamo circondati da una parte e dall’altra da agrumeti e facciamo in tempo anche a vedere due splendide piante di baobab ( ciao Piccolo Principe) storiche di almeno 300 anni di vita.
Finché alle 12.30 del 1 aprile 2015 varchiamo il cancello d’ingresso del Kapama Private Game Reserve: precisamente Kapama River Lodge.
Eccoci arrivati, la struttura è molto bella, affascinante in stile safari africano come ci potevamo effettivamente aspettare ma in realtà è molto di più.
C’è un enorme lodge centrale da cui si diramano tutti gli altri ambienti.
Prendiamo possesso delle camere che ci lasciano a bocca aperta da quanto sono belle, in stile con una vasca da bagno che da direttamente sul balcone che guarda la savana: che spettacolo.
Scendiamo in una sala grandissima con soffitti molto alti e travi in legno dove mangiamo.
Poi un po’ di meritato riposo ai bordi della piscina che si trova all’interno della struttura e da cui si vede in lontananza uno stagno dove gli animali vengono ad abbeverarsi.
Alle 4 tutti pronti, un po’ di the, qualcosa da mangiare e via per il nostro primo safari.
Veniamo caricati su delle grandi jeeps Toyota tutte aperte e si parte.
Abbiamo un equipaggio che ci accompagna per tutta la nostra permanenza: J.T. dove “J” sta per Johannes, un simpatico ragazzo boero venticinquenne come giuda e pilota e Bernard un nero di etnia Zulu, soprannominato anche “l’esca” perché opera come ………. Vale a dire stare seduto sopra un seggiolino davanti alla jeep.
Incominciamo a vedere impala, antilopi varie, uccelli, uno gnu un po’ anziano che ci attraversa la strada, giusto per farci capire che la savana è la loro e noi (uomini) siamo solo degli ospiti.
Che dire della savana: è costituita da una vegetazione abbastanza bassa il cosiddetto “Bush”, dove poi ogni tanto si trovano piante più alte come le acacie.
A proposito di acacie incontriamo purtroppo una giraffa morta stesa per strada lungo il sentiero.
Ci sono ogni tanto delle pozze d’acqua e anche dei veri e propri laghetti.
Scorgiamo nel Bush uno sciacallo, che riusciamo ad immortalare, anche se cerca di nascondersi, grazie ala potenza del nostro teleobiettivo.
Vediamo la prima giraffa attraversarci la strada, ma J.T. è tutto concentrato nella ricerca dei predatori ed in particolare, insieme a Bernard, hanno visto le impronte di un leopardo.
Riusciamo a circoscrivere la zona ed a vederlo, ma purtroppo non a fotografarlo ed anche tutti i tentativi
successivi non hanno successo.
Nel frattempo assistiamo al nostro primo tramonto nella savana ed è assolutamente favoloso.
La luna è quasi piena e ci illumina sopra le nostre teste.
Fallito il tentativo di vedere meglio il leopardo, riesce quello di trovare una famiglia di leoni tranquillamente sdraiata a dormire e per nulla disturbata dalla nostra presenza.
Sembra che i leoni dormano molto, anche fino a 20 ore al giorno.
Certo che vederli cosi sdraiati, alcuni vicini tra di loro, fianco a fianco o testa a testa, altri separati, fa una certa impressione.
Il safari ha le sue regole, come ci spiega prontamente J.T., massimo rispetto per gli animali perché siamo a casa loro, e questo rispetto si traduce anche nel non abbagliarli con torce che potrebbero rovinargli la vista, in alcuni casi come leopardi e leoni non è un problema ma per gli altri si.
Leopardi e leoni sono abituati alla vista notturna.
Siamo entusiasti del nostro primo safari ed in particolare dell’avvistamento dei leoni, ma mentre rientriamo buio al lodge quando è ormai praticamente, incontriamo o meglio J.T. vede su una piante un camaleonte.
Bellissimo di un colore verde brillante viene fatto salire sulle braccia e abbondantemente fotografato prima di essere rimesso nel suo habitat.
Rientrati al lodge cena al “boma” in un altro ambito del lodge stesso, tutti collegati tra loro da vialetti in legno sospesi a mò di palafitte.
Rimane a cena con noi anche J.T. che ci racconta di come è diventato “ranger”: tre anni di studi e pratica e di come non potrebbe pensare di vivere in ambiente diverso da quello, all’aria aperta, insieme agli animali di cui conosce se non tutto, quasi.
A nanna presto perché al mattino la sveglia suona alle 5.00 perché prima delle 6.00 si parte per il safari mattutino.
I safari sono due al giorno: nelle prime ore del mattino all’alba, dalle 6.00 alle 9.30, e l’altro dalle 16.30 alle 19.30.
Questo perché sono gli orari migliori per vedere gli animali ad avere maggiore probabilità di interagire con loro.
Il primo che incontriamo di buon mattina, è un avvoltoio, posizionato su un albero completamente secco: sembra una scena del libro della giungla!!
Viene chiamato lo spazzino della savana e serve per ripulire tutto ciò che rimane in giro.
Gli alberi sono secchi perché gli elefanti ne mangiano la corteccia, destinandoli a morte sicura, sembrano degli scheletri.

Ed ecco che cominciamo ad incontrare altri abitanti del parco, la zebra, quasi sempre in gruppo con anche dei piccoli, e la giraffa.
Capiterà spesso di incontrare zebre e giraffe insieme.
Ma ecco che troviamo una pozza d’acqua con tre rinoceronti intenti a fare il bagno.
Il rinoceronte ha una vista molto limitata, non più di 10 metri, ma ha un ottimo olfatto e un ottimo udito.
Può essere pericoloso quando si sente disturbato ed attacca l’uomo e le jeep.
Questi sembrano starsene tranquilli e cosi li abbandoniamo.
ora il nostro equipaggio è già in fibrillazione perché hanno visto delle impronte di leone e mentre ci stiamo dirigendo verso la zona dove potrebbero trovarsi, incrociamo altre numerose zebre ed antilopi, anche un grosso “Kudu” che è la più grande della famiglia delle antilopi, con due enormi corna sulla testa.
Ecco il facocero, il simpatico “Pumba” del “ Re leone”, altri rinoceronti che ci tagliano la strada, con parecchi uccelli sulla schiena a ripulirli dagli insetti.
La savana è cosi, non c’è certezza di quale animale potrai incontrare perché è tutto selvaggio, allo stato brado, è tutto “naturale” non c’è nulla di artificiale.
Certo che quando ti vedi venire incontro un rinoceronte sulla strada, l’adrenalina inevitabilmente va a mille.
Ecco un bucero “Zazu” su un albero sembra proprio di essere sul set del Re leone.
Un gruppo di gnu e di zebre ci passa a fianco, poi un gruppo di impala che si sta nutrendo ed ecco un gruppo che sta mangiando da un’acacia.
La giraffa vista da vicino è veramente un animale affascinante, imponente quasi nobile per questa sua forma slanciata e per come si muove, vedere come si allontana quasi leggiadra è spettacolare sembra che vada a “rallentatore”, nel suo incedere.
Ma ecco che il safari si fa veramente affascinante, J.T. ha trovato tutti i leoni tranquillamente a riposare, ben sazi in quanto a fianco c’è lo scheletro di un povero gnu di cui hanno lasciato solo le ossa, spolpandolo letteralmente vivo.
è incredibile come gli animali si lasciano avvicinare senza avere alcuna reazione.
Ti osservano, ma nulla eccepiscono.
Siamo a pochi metri da loro, è sicuramente un’esperienza spettacolare ed emozionante al tempo stesso.
Rientriamo al lodge dopo il safari mattutino ancora più entusiasti, abbiamo fatto veramente caccia grossa (fotograficamente parlando) questa mattina.
Dopo poco più di un ora si riparte, per andare a visitare un centro specializzato per curare in modo particolari ghepardi che sono a rischio estinzione, ma anche altri animali che sono stati trovati feriti ecc.
Però passando all’interno del paese è come fare un altro safari perché incontriamo ancora tantissimi animali.
Eccoci al “Hoedspruit Endangered Species Centre” una sorta di ospedale per animali.
Vediamo splendidi esemplari di ghepardo, sia pure in stato di semi cattività , scambiarsi anche tenere effusioni tra loro.
Un po’ di relax in piscina con impala e scimmiette nelle vicinanze, qualche foto di rito con i nostri amici ranger e si riparte per il safari pomeridiano.
Vediamo i soliti animali finche ci imbattiamo in altra famiglia di leoni: padre, madre e sette figli di diverse età, visto che a qualcuno comincia a crescere un po’ di criniera, un po’ come un adolescente alle prese con i primi peli di barba.
I leoni sono tutti sdraiati a riposare, poi piano piano si alzano, cominciamo a muoversi, a spostarsi e noi siamo in mezzo a oro.
Anzi ad un certo punto siamo circondati.
è perché anche se siamo un po’ spaventati soprattutto quando il maschio adulto si alza e dopo averci fatto vedere bene l’interno della sua bocca spalancata più volte, si alza e cammina a fianco della nostra jeep, quasi sfiorandola. Che brividi!!


Qualcun altro come se fosse un enorme gattone si fa un po’ di toelette personale leccandosi tutto qua e la.
Tra una stiracchiata e l’altra, riusciamo ad uscire dall’accerchiamento nel quale ci trovavamo mentre la luna sale ed il sole comincia a calare.
Che sensazione bellissima! Essere qui nel cuore della savana con intorno una famiglia di leoni, tra cui uno splendido maschio con una criniera folta come ci hanno fatto sempre credere, con la luce del sole che sta calando, è veramente un’esperienza unica!

Poi il gruppo di leoni si mette a camminare fila indiana e noi al loro fianco con la jeep!!
Ma J.T. questa sera vuole veramente stupirci e dopo lo splendido spettacolo di leoni ci porta a vedere un tramonto che non ha eguali, proprio da cartolina, con i colori e l’atmosfera che solo un tramonto africano può regalarti.
Non contento di tutto ciò individua una piccola radura dove lui e Bernard in quattro e quattr’otto preparano uno splendido aperitivo al chiaro di luna e con il sole al tramonto: cosa vuoi di più dalla vita?!
Facciamo conoscenza con le salsicce secche e la carne secca di bufalo: ottimi!!
Rientro e grande cena anche questa sera con ottimo agnello.
è la nostra ultima cena a Kapama e la malinconia ci prende.
Il safari è come una droga, appena ne finisci uno non vedi l’ora di ripeterne un altro!!
Ripartiamo per un ultimo safari all’alba di venerdì.


E’ una mattina proficua, ci imbattiamo subito in uno splendido esemplare di giraffa, poi zebre a gogo ma chi mancava all’appello fra i “big five”: l’elefante.
Ed eccolo passarci davanti, ci sono grandi e piccoli, che belli con queste loro camminate, con queste grandi orecchie che si sollevano e si abbassano.
Sono una famigliola, è bellissimo vedere la loro lunga proboscide prendere le foglie e portarle alla bocca.
Quale altro dei “big five” ci manca? Il bufalo!

Ed eccolo, è enorme con queste due corna dalla forma perfetta.
Vicino ai bufali troviamo ancora dei rinoceronti intenti a rotolarsi e a trovare refrigerio in una pozza di fango.
Poi escono e sotto i nostri occhi si mettono ad affilarsi il corno con il tronco di un albero.
E’ un animale incredibile visto da vicino, sembra più un animale preistorico, più simile ai dinosauri, che a quelli moderni.

Adesso c’è lo show di J.T. con filmato e foto stupende di salite e discese da posti estremi con la jeep.
Giusto per darci qualche altra scarica di adrenalina.
Foto di gruppo alla fine dell’ultimo safari (sigh ! sigh! ) ultime foto prima di lasciare il lodge e via in partenza.
Il programma di oggi è particolarmente affascinante pur non contemplando la presenza di animali.
Andiamo infatti a visitare il Blyde Canyon che è il terzo canyon al mondo come dimensione (lunghezza) ma l’unico completamente verde.
Ci fermiamo a Three Rondavels dove c’è un belvedere con una fantastica vista sul canyon, il fiume che scorre fino a formare un piccolo lago e le Three Rondavels, formazioni cilindriche, che sembrano tre capanne
Incredibile Sudafrica ! è proprio vera la definizione “il mondo in un paese”
Abbiamo lasciato poche ore fa il parco, che è pura Africa, ora facciamo delle foto che potrebbero sembrare relative ad un fiordo norvegese e subito dopo a Bourke’s Luck Potholes, dove la congiunzione tra due fiumi forma due buchi perfettamente rotondi scavati nella roccia dalle acque dei fiumi Blyde e Treur.
Praticamente è come essere in Islanda!!
Se a questo aggiungiamo i boschi di conifere ed eucalipti, non autoctoni, ma piantati dall’uomo sembra di essere in un paesaggio alpino a noi familiare.
Per completare il tutto di queste fantastiche viste arriviamo a “God’s Window” la finestra di Dio e già il nome dice tutto dove si trova uno splendido belvedere, senza dimenticare anche Berlin Falls, bella cascata di 60 metri di altezza che lascia abbastanza indifferenti solo coloro che hanno ancora negli occhi le cascate Vittoria.


Arriviamo a Graskop e visitiamo un negozio con annesso laboratorio con donne intente a lavorare la seta per telai.
Si dorme a Hazywiew.
Il mattino dopo si riparte per una tappa di solo trasferimento che ci porterà a prendere il volo da Johannesburg a Cape Town.
Appena partiti troviamo sulla strada un curioso cartello: “attraversamento ippopotami”.
Poi osserviamo il paesaggio, vedendo piante a noi sconosciute, tipiche dell’emisfero australe.
Passiamo da Nelspruit e facciamo in tempo a vedere da lontano lo stadio costruito per i mondiali del 2010, con i piloni esterni a forma di giraffa e le sedie interne zebrate.
Una sosta caffè, qualche bancarella qua e là ed eccoci all’agriturismo dove pranziamo ottimamente assaggiando una specialità della zona, il Potjiekos, un mix di verdure, carni, cereali e uova cotti in una pentola nera poggiata su di un treppiede.
Cosi abbandoniamo il Mpumalanga, un tempo chiamato Country Paradise ed ora con questo nome africano che significa “il luogo del sole nascente”.
Eccoci a Johannesburg.
Salutiamo Mirca la nostra guida in questi giorni trascorsi in questa splendida regione, il Mpumalanga, forse la più ricca e concentrata dal punto di vista panoramico del Sudafrica, dal Parco al Canyon.
Poco più di due ore di volo ed eccoci in un altro mondo: Cape Town, una delle città più cosmopolite e all’avanguardia del mondo, in continua crescita creativa.
Abbiamo una nuova guida, Filippo, un simpatico ragazzo italiano, che vive qui da 18 anni ed ha l’Africa nel cuore.
Una corsa in città, lasciamo le valigie in albergo e ci troviamo già proiettati per la serata, andiamo con lui a mangiare una pizza in un locale alternativo, Blah Blah, di amici suoi, poi tour by night della città prima di buttarci in Long Street.
Andare a Long Steet di sera è come trovarsi in un girone dantesco, vedi una “movida” incredibile, gente di tutte le età e la razze, musica di ogni genere, locali di ogni tipo: da quelli più tranquilli dove si suona musica jazz, a quelli più trasgressivi.
I locali sono in edifici stile “New Orleans” con terrazzini al primo piano da dove si può osservare il fiume di macchine e persone sottostanti.
Certo, il passaggio dalla tranquillità della savana all’energia notturna di una città frizzante è devastante ma è veramente uno spettacolo!!
A nanna perché al mattino la sveglia suona presto, abbiamo un sacco di cose da fare e da vedere.
Infatti alle 8.30 partenza direzione l’estrema punta dell’Africa (Capo di Buona Speranza) anche se è un errore perché in realtà è Capo Agulhas.
Via lungo la costa dove vediamo magnifici luoghi da Sea Point a Clifton a Camps bay e protetti da Twelve Apostoles.
Le foto rendono solo in parte giustizia ai magnifici scenari che vediamo con dei colori meravigliosi, dal blu del mare all’azzurro del cielo, il tutto in una giornata ventosa ma con una luminosità fantastica.
Un po’ di foto qua e la prima di giungere ad Hout Bay dove è pronta una barca per portarci a vedere un’isola dove si trovano tantissime foche, in realtà otarie.
Belle, bellissime, riusciamo anche ad immortalarle mentre si lasciano scivolare in acqua.
Strada facendo si scopre che, malgrado il fenomeno dell’integrazione sta crescendo, ci sono ancora zone abitate solo da gente di colore (Town ship) posizionate intorno alle città, altre zone abitate solo da bianchi e zone abitate da entrambe le comunità.
Arriviamo a Cape Point, e ad augurarci il ben arrivati troviamo dei babbuini.
Possono essere pericolosi perché continuamente alla ricerca di cibo.
Saliamo a Cape Point a piedi attraverso un sentiero.
Le foto si sprecano …….

Lo scenario è unico e impareggiabile la sensazione di essere in fondo all’Africa in terre che hanno fatto la storia delle esplorazioni, è eccezionale.
Ci auto immortaliamo in molteplici pose con vari scenari retrostanti, ma tanto ancora una volta è lei la protagonista: la natura, perché noi anche se in primo piano, siamo delle semplici comparse.
Da Cape Point si gode una bellissima vista spettacolare sul Capo di Buona Speranza e dall’altra parte su tutta la baia che guarda verso est.
Le rocce di granito del Capo sono stupende e suggestive.
Vengono fatte le solite foto di rito al faro ed al cartello che rileva le distanze con le principali città del pianeta e poi decidiamo di scendere con la cabinovia per abbreviare i tempi e dirigerci subito verso il Capo di Buona Speranza, dove dopo le foto emblematiche con il cartello che richiama il nome del luogo, proseguiamo per la scalata del Capo che non è proprio agevole quanto Cape Point perché non c’è un altro un sentiero segnato ma bisogna fare un po’ le “caprette” sulle rocce ma lo scenario è magnifico, unico, senza eugali, davanti a noi solo oceano e dopo 6000 km l’Antartide.
Vengono i brividi solo a pensarci!!
L’arrampicata tonifica , d’altronde non si può venire fin qui senza salire fino in cima!
Lasciamo Good Hope Cape e ci dirigiamo verso le False Bay, dove dopo aver pranzato andiamo a fare conoscenza con i pinguini di Boulders beach.
Si tratta di piccoli pinguini simili a quelli già trovati in Patagonia, che hanno trovato qui il loro habitat naturale.
Hanno occupato un’intera spiaggia, entrano ed escono dall’acqua, sono simpaticissimi e carinissimi.

Giusto per non farci mancare nulla ci facciamo portare a vedere le cabine colorate di epoca vittoriana presenti sulla spiaggia.
Sono tutte di colori brillanti, molto vivaci, frequentati soprattutto da neri.

Per finire in grande la giornata andiamo a visitare i giardini botanici di Kirstenbosch.
Il parco è tenuto e conservato in modo ottimo, ci sono piante di ogni tipo e genere, ci sono viali che consentono di girarlo avendo cura di vederlo interamente.
Siamo anche fortunati perché c’è un concerto all’interno del parco, cosi ci godiamo pure l’ascolto di sottofondo.
E’ stata una giornata lunga e impegnativa ma sicuramente estremamente soddisfacente ed interessante, in questo abbiamo potuto vedere tutti i luoghi di interesse fuori da Capetown.
Cena e poi ancora un po’ di musica in un localino che fa musica jazz, e dove spieghiamo alla barista come si prepara un “cuba libre”!!
Sveglia di buon ora ma qual è la novità?
Però ne vale decisamente la pena!!
Alle otto già “colazionati” partenza per la Table Mountain.
Si prende la funicolare e si arriva in cima a questa montagna piatta come una tavola appunto che sovrasta la città.
Già la visione salendo e scendendo con questi “ovetti”, che ricordano le nostre cabinovie, è stupenda anche perché le cabinovie ruotano.
Arrivati in cima scopriamo che è stata classificata tra le 7 meraviglie del mondo nel 2011.
Bella veramente bella, come altrettanto spettacolare è il paesaggio che si può godere della città dall’alto.
Siamo a 1070 metri di altezza.
Ci sono sentieri che si sviluppano lungo tutta la superfice della table mountain ed una sorta di fessura centrale.
Vediamo anche i più sportivi che anziché salire con la teleferica sono saliti a piedi lungo i sentieri.
Siamo molto fortunati perché una delle caratteristiche della tavola è quella di avere una nuvola sopra che viene comodamente chiamata la “tovaglia”.
Ci dilettiamo come al solito di foto da una parte e dall’altra, poi si riscende perché il nostro impegnativo programma ci impone di rispettare i tempi stabiliti.

Oggi visita della città per cui scendiamo e ci dirigiamo a vedere il “quartiere malese” molto affascinante composto da case colorate di tutti i colori dell’arcobaleno e oltre.
Era il vecchio quartiere dove risiedevano gli schiavi portati da Malesia ed Indonesia, generalmente di religione islamica ed in effetti vediamo anche una moschea.
A proposito di luoghi di culto, se ne vedono di tutti i tipi: da ogni tipo di chiesa delle cattedrali alle protestanti di ogni genere a moschee e sinagoghe.
Poi direzione centro foto spettacolare con cornice che te la fa sembrare un quadro con dietro il murales di Nelson Mandela e la immancabile Table Mountain.
Poi in centro a vedere tutti i palazzi del potere come si suol dire.

Infine le due panchine situate fuori dalla Corte Suprema che identificano meglio di ogni parola o discorso il periodo storico vissuto dal Sudafrica: l’apartheid.
Sulle due panchine situate sul marciapiede simmetricamente all’ingresso della corte, c’è scritto da una parte “whites only” e dall’altra “non-whites only”, emblema di un mondo che per fortuna non c’è più.
Vista del Company’s Garden, una sorta di piccolo Central Park in centro alla città, con piante e fiori bellissimi e scoiattoli che si arrampicano su e giù da ogni pianta.
In mezzo al giardino troneggia una statua di Cecil Rhodes, personaggio magari un po’ ambiguo e controverso ma che tanto ha fatto ed ha avuto da questo Paese, supremo teorizzatore di un imperialismo inglese che andava dal Cairo a Capetown.
Lasciamo i giardini, risaliamo sul pulmino direzione Costantia Groot a visitare una delle più vecchie e famose tenute vinicole fondate da esuli ugonotti francesi nel 1685.
Già la strada per arrivare è molto bella, passa nei quartieri più ricchi della città dove dietro cancelli e recinzioni si intravedono ville di notevole interesse.
Arriviamo a Costantia, e veniamo condotti in un enorme sala dove ci vengono proposti diversi vini, bianchi, rosati e rossi da degustare: uno spettacolo!!!
Si va ovviamente in crescendo e l’ultimo è veramente da urlo.
Ovviamente acquistiamo qualche bottiglia compatibilmente agli esigui spazi per contenerli in valigia.
Complessivamente abbiamo bevuto molto bene in tutta la nostra permanenza in Sudafrica, apprezzando molto la cultura enologica di questo Paese.
I vigneti sono stati quasi completamente importati dall’Europa, o meglio portati da francesi, olandesi e anche italiani nel corso dei secoli.
Nomi come Sauvignon Blanc, Chardonnay, Merlot Cabernet appartengono infatti alla nostra cultura vinicola.
Dopo la degustazione un ottimo pranzo sempre nella tenuta Groot Costantia.
Poi si riparte: una sosta in spiaggia, qualcuno riesce a farsi una bella partita a calcio e poi arriva la parte più disattesa e spericolata: la visita delle Township.
Le Township erano delle città satellite create dal regime dell’apartheid dove venivano spostati tutti gli abitanti neri o coloured.
Entriamo in una di queste Township che certamente non presentano strade piene di negozi di lusso o con cose particolarmente curate dal punto di vista architettonico.
Ci fermiamo e visitiamo la casa di un rasta giamaicano che conosce la nostra giuda.
La leggenda narra che sembra che fosse il vicino di casa di Bob Marley in Jamaica.
Sono molto ospitali, gentili, ci intratteniamo a parlare e a fare foto con loro.
Si riparte verso il cuore della Town ship nera, parcheggiamo l’auto e veniamo invitati ad entrare in una casa dove troviamo diverse persone come se fosse una riunione familiare compriamo una birra, facciamo qualche foto di rito con i nostri simpatici ospiti, dopo di che attraversiamo la strada e ci ritroviamo in una sorta di discoteca all’interno di una struttura di lamiera.
DJ, musica a palla, voglia di festa, sguardi felici, è incredibile per noi che siamo sempre portati a lamentarci di qualsiasi cosa, vedere come queste persone che non possiedono nulla e vivono in strutture tipo favelas siano felici e festanti ed estremamente disponibili nei nostri confronti.
È una lezione di vita.
È proprio vero che la felicità non si compra e non ha prezzo ma è qualcosa che uno prova dentro di se!!

è forte quest’ esperienza di visita di questa baraccopoli ma altrettanto istruttiva e ci permette di vedere il paese a 360°.
Non solo le cose belle ma anche quelle che sicuramente non lo sono ma ti trasmettono una fortissima carica di emozioni che difficilmente saremmo riusciti a provare altrove.

E’ proprio vero che il Sudafrica è la nazione arcobaleno perché ci convivono diverse razze di ogni tipo, tantissime etnie bianchi e neri di ogni origine oltre ad orientali e coloured, vale ma dire meticci.
Oggi convivono tutti in modo sicuramente differente rispetto a soli 20 anni fa e la marcia verso una piena integrazione è veramente in corso.
Le nuove generazioni sono sicuramente più integrate fra loro, lavorano e vivono fianco a fianco, i quartieri sono o stanno diventando multietnici, i neri si stanno elevando sia socialmente che culturalmente che economicamente.
Le potenzialità per diventare un grande Paese ci sono tutte, dalle ricchezze naturali alla capacità di congiungere le diverse etnie e le loro caratteristiche per crescere al meglio.
Cosa ci manca per concludere la giornata e la visita di Cape Town?
Uno splendido tramonto, veramente impareggiabile a Sea wiew , con il sole rosso che si immerge nel mare e ci regala dei colori stupendi e delle foto meravigliose.


Ultima cena a Cape Town, ristorante molto carino, cenando in giardino, poi a nanna perché il mattino dopo si riparte.
Purtroppo direzione Italia!!
Che peccato si stava cosi bene qui!
Ma la nostra guida ci regala ancora una “chicca” facendoci visitare un quartiere che è l’emblema di quello che è Capetown e il Sudafrica: Woodstock.
Era una vecchia zona industriale piena di capannoni dismessi che ora vengono riconvertiti con un progetto di design industriale in centri con negozi ed attività di ogni tipo che appagano l’occhio, ristoranti piccoli cortili ristrutturati.
E’ l’ultimo saluto al Sudafrica, terra magnifica che resterà sempre nei nostri cuori e che sicuramente ritroveremo per approfondire la conoscenza.



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